Il mondo rosa e il mondo azzurro infanzia, media e stereotipi di genere

24/07/2017

In termini generali con stereotipo ci si riferisce ad un insieme coerente e abbastanza rigido di credenze che un certo gruppo condivide rispetto ad un altro gruppo o categoria sociale. Gli stereotipi costituiscono una sorta di “scorciatoia” mentale che ci aiuta ad orientarci e a categorizzare la realtà che ci circonda in modo veloce e parsimonioso, tuttavia, trattandosi di iper-semplificazioni, ci possono condurre a deduzioni scorrette o comunque inaccurate sulla realtà. Questi infatti guidano la nostra elaborazione della realtà spingendoci alla ricerca di dati a sostegno e conferma degli stessi, tralasciando dati incoerenti che rischierebbero di metterli in discussione. Il prezzo da pagare per tale “risparmio” in termini cognitivi implica di conseguenza processi di pensiero (e conseguenti comportamenti) basati su semplificazione, generalizzazione e assunzione acritica di opinioni su gruppi di persone.

Più nello specifico, gli stereotipi di genere riguardano la rappresentazione di ciò che è maschile e femminile, implicando specifiche aspettative culturali rispetto ai due generi in termini di personalità, apparenza, occupazione, competenze, abilità, interessi. Tradizionalmente questi veicolano un’immagine del maschile indipendente, ambizioso, avventuroso, dominante, forte e coraggioso, e, dall’altro lato, un’immagine del femminile dipendente, amorevole, prudente, delicata e frivola (Williams & Bennett, 1975).

I bambini entrano in contatto molto precocemente con tali stereotipi, in primis all’interno dell’ambiente famigliare, che veicola, in modo più o meno consapevole ed esplicito, le aspettative sociali legate al genere:
“Fin dalla nascita (e spesso ancor prima, già nel periodo dell’attesa della figlia/del figlio) gli adulti cominciano a tessere intorno alle bambine un mondo rosa pastello all’interno del quale si possono svolgere solo certe attività e praticare solo determinati giochi e sport. Processo analogo coinvolge i bambini che sono addestrati a vivere nel loro mondo azzurro dove sono banditi giochi, colori, atteggiamenti propri dell’altro sesso. La preferenza per il rosa e l’azzurro viene alla fine confusa come un’attitudine naturale, quando invece è un evidente prodotto culturale. Irene Biemmi (2014)

Anche l’ambiente scolastico non ne è immune, infatti gli stessi libri di testo sono profondamente permeati di contenuti stereotipati con rigida e asimmetrica rappresentazione di soggetti maschili e femminili. La ricerca condotta da Irene Biemmi (2010) sui testi di narrativa della scuola primaria ha individuato una sproporzione nella prevalenza del genere dei protagonisti, con una rappresentanza di protagoniste femminili del 37%, percentuale che scende al 20% nei testi narrativi d’avventura. Considerando i ruoli professionali associati a tali protagonisti, la ricercatrice ha inoltre individuato 50 diverse professioni svolte da personaggi maschili e solo 15 associate ai personaggi femminili, asimmetria che non riguarda solo una sproporzione numerica, ma anche qualitativa, poiché il limitato set di professioni riservato alle protagoniste femminili include lavori meno qualificati e prestigiosi.

I nuovi media costituiscono una potente cassa di risonanza di tali stereotipi e, per la loro elevata diffusione e pervasività nella nostra vita quotidiana, sono diventati veri e propri strumenti di socializzazione di norme, ruoli e aspettative sociali, in particolare per il pubblico più giovane, con una pressione al conformismo ed un impatto sulla formazione dell’identità dell’individuo. Un recente studio finalizzato alla sintesi delle precedenti ricerche su tale influenza mediatica conferma che all’aumentare del livello di esposizione agli stereotipi di genere veicolati dai mass media aumentano atteggiamenti e comportamenti stereotipati degli spettatori (Oppliger, 2013).

Innumerevoli possono essere gli esempi di contenuti stereotipati, più o meno espliciti, veicolati dai mass media. Tra questi troviamo ad esempio la pubblicità di una nota marca di pannolini, particolarmente contestata dal pubblico per aver riproposto in associazione alle differenze anatomiche dei due sessi le classiche differenze temperamentali e comportamentali delle rappresentazioni stereotipate di uomini e donne
http://www.huffingtonpost.it/2015/06/12/huggies-pubblicita-pannolini-accusata-di-sessismo_n_7568426.html
http://27esimaora.corriere.it/articolo/lei-pensera-a-farsi-bella-lui-a-fare-gol-la-spot-sessista-che-fa-indignare-la-rete/?cp=1#comments_list

Anche se da un lato l’adesione rigida agli stereotipi di genere e alle aspettative sociali può fornire al bambino/adolescente dei “vantaggi” (come lo sperimentare un maggior senso di sicurezza, minori pressioni sociali e più facilità nella presa delle decisioni), questo implica dall’altro una serie di costi, tra cui limitate opportunità per maschi e femmine (ad esempio nella scelta degli sport o delle aspirazioni lavorative) e/o l’ignorare attitudini o talenti individuali non in linea con il proprio genere così come culturalmente rappresentato (Beal, 1994). I genitori che mostrano un atteggiamento più “egualitario” rispetto ai ruoli di genere hanno maggiori probabilità di promuovere tale atteggiamento anche nei propri figli che, a medio-lungo termine, risulta essere associato a maggior autostima (Lundy & Rosenberg, 1987) e senso di realizzazione personale (Orlofsky, 1977).

Fin dalla prima infanzia assume quindi particolare rilievo la possibilità di decostruire tali stereotipi favorendo il confronto e la discussione su preferenze, gusti e inclinazioni che spesso vengono date per scontate, anche con l’utilizzo di stimoli adeguati all’età del/la bambino/a, come ad esempio il testo Federica e Federico (Biemmi, 2014) teso a sfatare presunti gusti femminili e maschili.

Riferimenti bibliografici

Beal, C. (1994). Boys and girls: The development of gender roles. New York: McGraw-Hill.
Biemmi, I. (2010). Educazione sessista: stereotipi di genere nei libri delle elementari. Rosenberg & Sellier.
Biemmi, I. (2014). Federica e Federico. Giunti Kids.
Biemmi, I. (2014). Mescoliamo i giocattoli? Colloquio con Irene Biemmi. Intervista a cura del webmagazine Scuola dell’infanzia. Consultabile al link:
http://www.giuntiscuola.it/scuoladellinfanzia/magazine/articoli/mescoliamo-i-giocattoli-colloqui-con-irene-biemmi/
Katz, D., & Braly, E. K. (1933). Racial stereotypes of 100 college students. Journal of abnormal and social psycology, 28, 280-290.
Lundy, A., & Rosenberg, J. A. (1987). Androgyny, masculinity, and self-esteem. Social Behavior and Personality, 15, 91-95.
Oppliger, P. A. (2007). Effects of gender stereotyping on socialization. Mass media effects research: Advances through meta-analysis, 199-214.
Orlofsky, J. L. (1977). Sex role orientation, identity formation, and self-esteem in college men and women. Sex Roles, 3, 561-574.
Williams, J. E., & Bennett, S. M. (1975). The definition of sex stereotypes via the adjective check list. Sex roles, 1(4), 327-337.

Articolo a cura della Dott.ssa Serena Grumi


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