Mettiamoci la faccia! … ma se sono minori?

22/11/2018

Da tempo ci si chiede se sia opportuno o meno pubblicare le foto dei propri figli sui social network e ogni genitore può avere abitudini e idee molto diverse in merito: cerchiamo di fare ordine. Il caso: il 23 dicembre del 2017 il Tribunale di Roma ha stabilito che un giudice possa ordinare ai genitori la rimozione delle foto dei figli utilizzate in modo inadeguato, oltre che condannarli al pagamento di una somma di denaro in favore dei minori stessi. È quello che è accaduto alla madre di un 16enne cui è stato ordinato dal giudice di rimuovere tutte le foto e i video ritraenti il figlio e cui è stato vietato di postare qualsiasi altro materiale che lo ritraeva, pena il pagamento di un risarcimento di 10.000 euro all’adolescente. La questione è diventata inoltre un terreno di contesa nelle cause di separazione e divorzio, come accaduto a Mantova, dove una madre è stata costretta all’eliminazione delle fotografie della figlia poiché la pubblicazione di quel materiale non era stata condivisa con il padre. Tuttavia, neanche la regola del duplice accordo fornisce una adeguata linea da seguire: i diritti dei minori in termini di privacy sono stati stravolti dall’avvento dei social network, e la loro tutela è inestricabilmente intrecciata all’uso più o meno consapevole che i genitori fanno dei profili online, indipendentemente dal loro grado di accordo sulla questione.

Una eccessiva documentazione social delle giornate dei propri figli tramite post e stories implica una serie di rischi e impone conseguenti riflessioni: è opportuno esporre quotidianamente aspetti sensibili e riconoscibili delle abitudini e dei luoghi frequentati dai propri figli (scuola, palestra, campo da calcio, casa, ecc.)? Abbiamo piena consapevolezza della visibilità potenziale di ciò che posteremo? È opportuno agevolare, e in un certo senso anticipare, la presenza online di un minore che, quando inizierà ad utilizzare in autonomia smartphone e pc, sarà quasi inevitabile? Tanti interrogativi di non poco conto le cui risposte non sono sempre rintracciabili nella giurisprudenza e nelle indicazioni di psicologi e pedagogisti, ma chiamano in causa il buon senso di ciascun genitore, il cui primo compito resta educare, piuttosto che pubblicare.

Spesso i genitori agiscono come i principali protettori dell’identità digitale dei propri figli, ad esempio supervisionandoli nell’uso di internet, impostando limiti di accesso a certi siti e/o discutendo le minacce alla loro sicurezza online, come il cyberbullismo, il sexting o il grooming, di cui abbiamo avuto modo di parlare in precedenti articoli. Tuttavia gli stessi genitori, in modo più o meno inconsapevole, possono rivelare attraverso i loro stessi profili informazioni potenzialmente dannose. Ad esempio, come sottolineato dalla dott.ssa Steinberg, autrice del paper Sharenting: Children's Privacy in the Age of Social Media (2017), postare il nome e la data di nascita dei propri figli in occasione del lieto evento potrebbe potenzialmente esporli al rischio di furto d’identità. Uno dei rischi sicuramente più allarmanti è rappresentato dal fatto che pedofili possano impossessarsi e ricondividere immagini sensibili in siti pedopornografici. Steinberg riporta il caso di una blogger che pubblicò una foto dei figli gemelli mentre imparavano ad utilizzare il vasino, scoprendo tempo dopo che quella foto apparentemente innocua venne modificata e diffusa come materiale pedopornografico. Anche la condivisione all’interno dei gruppi privati su facebook deve godere di opportuna accortezza: anche se un gruppo chiuso può dare la sensazione che la visibilità del materiale sia molto limitata, non abbiamo mai reale certezza dell’identità di chi vi partecipa, considerata la possibilità di nascondersi dietro un falso profilo, e, comunque, non conosciamo le abitudini e l’attenzione che gli altri membri dedicano alla questione della privacy. Oltre a non poter mai prevedere in modo preciso la diffusione delle foto che pubblichiamo, è praticamente impossibile stimare per quanto tempo queste saranno raggiungibili. La permanenza dei contenuti online può andare ben oltre i processi dell’oblio umano e le informazioni condivise sui propri figli potrebbero essere raggiungibili anche anni dopo tramite motori di ricerca come Google. Dunque, sull’altro piatto della bilancia del diritto di un genitore di mostrare frammenti di vita dei propri figli c’è sempre il loro diritto ad affacciarsi all’adolescenza e all’età adulta liberi di creare la propria identità digitale, diritto che non dobbiamo perdere di vista quando stiamo per cliccare “condividi”.

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